CONFESSIONI DI UN AMANTE DEL CALCIO

Sì, lo ammetto, amo il calcio nonostante tutto. Nonostante gli interessi economici, nonostante l’antisportività dei giocatori in campo, nonostante la violenza del tifo. Perché il calcio è il gioco che, quando eri bambino, metteva d’accordo tutti, bastava una palla e quattro zainetti e il campo era fatto. Faceva nascere amicizie, ti piaceva giocarci anche se di solito erano i più bravi che decidevano chi faceva parte della squadra e chi no. Con i miei piedi storti, pensate che infanzia travagliata che ho passato.

Però niente ti poteva togliere il gusto di sognare, di essere tu un giorno la punta che fa il goal decisivo nella finale di coppa del mondo e corre esultando sotto la curva nell’abbraccio della folla in delirio.

Il fulcro di questa storia è la maglietta ritratta nella foto.

Maglia da calcio n. 9

Maglia da calcio n. 9 – anni ’80

Siamo nel 1987, allora avevo 12 anni e, da tifoso romanista, conoscevo già le gioie e i dolori (soprattutto i dolori) che questo sport può regalare. Per capirci, ancora non si era spenta l’eco della sconfitta in casa contro il Lecce ormai retrocesso (Roma-Lecce 2-3, 20 Aprile 1986), che aveva distrutto i sogni di scudetto per quella stagione. A favore della Juventus del Trap, ovviamente.

A tarda primavera di quell’anno, invitato ad un matrimonio, scambiai alcune battute sul calcio con un distinto signore che casualmente era presidente di una squadra locale che allora militava nel campionato interregionale. Colpito dalle mie parole e dal mio sogno di formare una squadra di calcio con i miei compagni di gioco, mi fece avere un set di divise rosse con finiture bianche, con il numero adesivo in stile 3D come andava a quei tempi.

Io scelsi per me la numero 9, preso da megalomania da aspirante Van Basten, il campione olandese che di lì a poco avrebbe conquistato il campionato europeo con una magnifica segnatura nella finale contro la Russia. Ovviamente non ci fu modo per formare una squadra all’epoca, ma facemmo un figurone qualche anno dopo al torneo del liceo. Finita la competizione scolastica, regalai le maglie ai miei amici/compagni di classe e tenni per me anche la numero 1 da portiere, perché era il ruolo che ricoprivo nelle partite a calcetto. Insomma la numero 9 l’ho indossata poco, s’è capito. Per fortuna che c’è il videogioco Pro Evolution Soccer.

Ancora oggi, a 40 anni suonati, quella passione rimane, nonostante non tocchi un pallone da almeno 10 anni, nonostante gli scudetti persi dalla Roma siano aumentati in maniera iperbolica (da allora ne considero buttati via a dir poco 6), nonostante tutto il calcio rimane quella cosa che “ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo” e “che me dà coraggio si tu nun me vòi bene”.

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